Negli ultimi mesi il tema della cittadinanza italiana iure sanguinis è tornato al centro dell’attenzione, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto-Legge n. 36/2025, poi convertito nella Legge n. 74/2025.
Si tratta di una riforma che modifica in modo significativo le regole per i nati all’estero che intendono chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana in quanto discendenti di un avo italiano.
Si tratta di una disciplina che, per la sua portata, ha sollevato numerosi dubbi di legittimità ed ha acceso un ampio dibattito non solo tra gli operatori del diritto, ma anche nella comunità di discendenti italiani all’estero.
Le principali modifiche normative
La novità più rilevante è l’introduzione dell’art. 3-bis nella Legge n. 91/1992 (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1992-02-05;91~art3!vig ), che prevede:
“(…) è considerato non avere mai acquistato la cittadinanza italiana chi è nato all’estero anche prima della data di entrata in vigore del presente articolo ed è in possesso di altra cittadinanza, salvo che ricorra una delle seguenti condizioni:
a) lo stato di cittadino dell’interessato è riconosciuto, nel rispetto della normativa applicabile al 27 marzo 2025, a seguito di domanda, corredata della necessaria documentazione, presentata all’ufficio consolare o al sindaco competenti non oltre le 23:59, ora di Roma, della medesima data;
a-bis) lo stato di cittadino dell’interessato è riconosciuto, nel rispetto della normativa applicabile al 27 marzo 2025, a seguito di domanda, corredata della necessaria documentazione, presentata all’ufficio consolare o al sindaco competenti nel giorno indicato da appuntamento comunicato all’interessato dall’ufficio competente entro le 23:59, ora di Roma, della medesima data del 27 marzo 2025;
b) lo stato di cittadino dell’interessato è accertato giudizialmente, nel rispetto della normativa applicabile al 27 marzo 2025, a seguito di domanda giudiziale presentata non oltre le 23:59, ora di Roma, della medesima data;
c) un ascendente di primo o di secondo grado possiede, o possedeva al momento della morte, esclusivamente la cittadinanza italiana;
d) un genitore o adottante è stato residente in Italia per almeno due anni continuativi successivamente all’acquisto della cittadinanza italiana e prima della data di nascita o di adozione del figlio.”
I profili critici
1. Retroattività della norma
Il decreto incide in parte retroattivamente: individua un termine di decadenza fissato al 27 marzo 2025 ore 23:59, oltre il quale i discendenti di italiani nati all’estero non possono più far valere il loro status civitatis, salvo che rientrino nelle eccezioni summenzionate.
Pertanto, chi non aveva avviato una pratica entro quella data e ora, perde di fatto il diritto al riconoscimento di un diritto che, fino all’entrata della nuova normativa era riconosciuto agli stessi, per il solo fatto di nascita.
Questa scelta contrasta con il principio generale di irretroattività delle leggi: “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo.” (art. 11 delle preleggi).
2. Violazione del principio di affidamento
La previsione normativa sembra ledere anche i principi di affidamento e di ragionevolezza, sanciti dagli artt. 2 e 3 Cost., in quanto introduce una discriminazione arbitraria tra chi ha agito in giudizio o in via amministrativa prima del termine e chi, pur nelle stesse condizioni, ha agito successivamente.
La giurisprudenza costituzionale, sul tema del principio di affidamento, ha più volte sottolineato la necessità di considerare anche il grado di consolidamento delle situazioni giuridiche, ovverosia il livello di stabilità, certezza e definitività di un diritto o di una posizione soggettiva all’interno di un ordinamento giuridico: in materia di cittadinanza iure sanguinis, esso appare elevato per via della costante prassi giurisprudenziale favorevole.
Sulla base di ciò molti discendenti hanno investito tempo e denaro per la ricerca e preparazione della documentazione necessaria confidando in regole rimaste stabili per decenni, vedendosi strappare il proprio diritto (letteralmente) dal giorno alla notte. Per una distinzione tra chi ha presentato domanda prima o dopo una certa data che appare oltretutto del tutto arbitraria.
3. Perdita automatica e non volontaria della cittadinanza
La nuova normativa introduce una sorta di rinuncia implicita e imposta per legge, una forma di perdita automatica della cittadinanza, indipendente dalla volontà dell’interessato e ciò in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ammette la perdita della cittadinanza esclusivamente per rinuncia volontaria ed esplicita.
4. Uso dello strumento decreto-legge
Il ricorso alla decretazione d’urgenza desta ulteriori perplessità. La Corte Costituzionale (sent. n. 146/2024) ha ribadito che i decreti-legge non possono essere utilizzati per modifiche strutturali e non urgenti. Nel caso in esame, i presupposti di “necessità e urgenza” (art. 77 Cost.) non appaiono immediatamente evidenti, trattandosi di un fenomeno – quello dei numerosi richiedenti del riconoscimento iure sanguinis – noto e consolidato da decenni. Non sussiste alcun evento eccezionale e improvviso a cui dover far fronte con questo strumento.
A ciò si aggiunga che l’utilizzo improprio di questo strumento è ormai una prassi dilagante e consolidata nel nostro ordinamento, costituendo un problema che si estende ben oltre il tema della cittadinanza.
5. Aggravi economici e ostacolo all’accesso alla giustizia
Accanto alle modifiche sostanziali, la recente Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un forte aumento del contributo unificato nei giudizi di cittadinanza. Negli anni precedenti, infatti, la spesa sostenuta per il pagamento del contributo unificato era pari ad euro 518, mentre dal primo gennaio 2025 ogni ricorrente, maggiorenne e minorenne deve versare 600 euro. Il contributo unificato viene quindi calcolato per ciascun ricorrente e non per nucleo familiare e ciò si traduce in un ostacolo economico sproporzionato.
L’intervento della Corte Costituzionale
Il Decreto-Legge 36/2025 segna un cambiamento epocale nella disciplina della cittadinanza italiana iure sanguinis. Tuttavia, i profili di incostituzionalità e le conseguenze pratiche della norma rendono probabile un futuro intervento della Consulta.
In questa direzione si è già mosso il Tribunale di Torino, che con ordinanza del 25 giugno 2025 ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 3-bis, limitatamente alle parole “anche prima della data di entrata in vigore del presente articolo”. La pronuncia di incostituzionalià di questo segmento implicherebbe pertanto l’eliminazione dell’effetto retroattivo della nuova legge, che rimarrebbe pertanto la norma di riferimento solamente per i nati dopo la sua entrata in vigore.
Si tratta di un primo passo verso la messa in discussione della legge, sprattutto nel caso in cui anche altri tribunali si uniscano a questa iniziativa, così da favorire un intervento chiarificatore della Corte Costituzionale.